DAL REVENGE PORN AL FIGLICIDIO: LA VENDETTA DI CHI NON CONOSCE AMORE

Già abbiamo sentito parlare in diverse occasioni di Revenge Porn, la cui derivazione anglosassone del termine sta ad indicare la "vendetta porno" messa in atto da ex fidanzati non rassegnati che senza l'autorizzazione della vittima, si adoperano nella diffusione illecita di foto o video a stampo pornografico.

Nel caso che ha visto protagonista Claudio Baima Poma, l'operaio 47enne di Rivara, nel Torinese, si parla di un altro genere di vendetta: l'uomo, dopo aver scritto un post su Facebook in cui si rivolge alla ex convivente, ha ucciso il figlio di 11 anni, Andrea, con una pistola non legalmente detenuta. Dopodiché con la stessa arma si è tolto la vita.

Ad Iris, madre del bambino scrive: “Abbiamo trascorso momenti bellissimi, fino a quando ho iniziato ad avere problemi di schiena e di conseguenza un danno permanente alla gamba. Esattamente una settimana prima mi avevi chiesto di sposarti, ma poi hai iniziato a allontanarti piano piano. Da quel momento sono caduto in depressione e non mi sono più tolto da questo incubo”.

“È un vero peccato – prosegue – non ci mancava niente per poter fare una vita tranquilla e serena senza alcun problema, avere una famiglia normale e per me normale significa perfetta. Io e Andrea non potevamo stare distanti nemmeno per un secondo […] noi partiamo per un lungo viaggio dove nessuno ci potrà dividere, lontano da tutto, lontano dalle sofferenze. Tu mi hai ripagato con questo distacco nel momento più brutto della mia vita. Potrai separare i nostri corpi ma non le nostre anime, perchè saranno sempre l’una accanto all’altra. Andrea e il suo papà per sempre insieme……”, conclude Baima Poma nel post.

Spesso di fronte a tragedie che non ci appartengono tendiamo ad ergerci a giudici, cercando seppur erroneamente di giustificare, mitigare, seppellire nella totale incoscienza veri e propri crimini che il piú delle volte non hanno nulla a che vedere con il buonsenso, o come in questo caso con la depressione, a detta di molti "una valida ATTENUANTE". 

Spesso, pur di dimenticare il losco che traspare dalle tragedie si tende a tollerare anche l'inqualificabile, propinando a nostra volta atti criminosi verbali come l'istigazione a delinquere ("cerchiamo di capire questo povero padre, la moglie non le sarà stata per nulla vicino, chiunque sarebbe arrivato a commettere una follia"), il victim blaming ("la donna doveva restare con il marito, sicuramente lo avrà anche minacciato di portargli via il figlio")e la misoginia ("sicuramente l'ex convivente era una donnaccia, altrimenti non sarebbe arrivato a tanto, spero il senso di colpa la perseguiti a vita!").

Potrà sembrare assurdo, ma purtroppo questo è ciò che ho rilevato dall'enorme quantità di commenti sparati a caso, ma volti comunque a mettere in atto le loro sentenze. 

Parlano di empatia, di comprensione, si spacciano per precursori del moralismo acido, volto nella maggior parte dei casi ad incriminare le vittime (specie se donne) e a rendersi garanti del reo, leggittimando a tutti gli effetti un atto inqualificabile.

Questo naturalmente accade anche per ciò che concerne i reati di violenza sessuale, il revenge porn e i femminicidi.

• La ragazza poteva evitare di vestirsi "da troia", sicuramente non l'avrebbero stuprata.
• La ragazza poteva evitare di farsi le foto "da troia", non sarebbero state diffuse.
• La donna poteva evitare di lasciare il marito, non l'avrebbe uccisa.

Accade davvero. Lo dicono davvero. E al di là della becera decalcificazione di un crimine, hanno anche il coraggio di chiamarle opinioni, completamente incoscienti di compiere a loro volta un atto criminoso.

Stiamo assistendo alla proliferazione di pensieri altamente nocivi per il genere umano: l'odio indiscusso verso le donne, l'attribuzione della colpa alla vittima anziché al carnefice, la giustificazione di un crimine sulla base del vestiario, della disinvoltura femminile, della "troppa emancipazione" che mirano di buona lena ad alimentare sempre di più un'ostilità di per sé già persistente.

L'attenuante di questa vicenda, questa volta è stata chiamata "depressione". 

Per me, invece, non è altro che l'incapacità viscerale di accettare la fine di una storia, è odio misogino portato alla follia. 

Questo è ciò che di fatto, si evince dalle parole del padre assassino. Analizziamo il post passo passo:

"Tutto é andato bene fino a che ho iniziato ad avere problemi alla schiena e di conseguenza un danno permanente alla gamba" 

TRADOTTO: "ti rimprovero per non essere stata responsabile del mio benessere psicofisico".

"Hai iniziato ad allontanarti piano piano, sono caduto in depressione".

TRADOTTO: ''se sono stato male, la colpa è solo tua".

"È un vero peccato, non ci mancava niente per poter fare una vita tranquilla" 

TRADOTTO: "è un vero peccato che tu abbia scelto di NON essere mia serva accondiscendente nelle difficoltà, se solo fossi venuta incontro alle mie esigenze non sarebbe andata così. La colpa è solo tua".

"Io e Andrea non potevamo stare distanti nemmeno per un secondo" [...] Tu mi hai ripagato con questo distacco nel momento più brutto della mia vita. Potrai separare i nostri corpi ma non le nostre anime, perchè saranno sempre l’una accanto all’altra"  

TRADOTTO: "mio figlio che è cavia e oggetto merita di pagare le conseguenze della tua assenza di responsabilità. Se non posso avere te, lui verrà con me nella tomba al fine di infliggerti un dolore grande quanto quello che tu hai causato a me".

Espressione suprema del potere patriarcale, possessione, punizione, vendetta, manipolazione mentale. Abbiamo tutto, tutto il necessario per poter dare ancora una volta la colpa alla misoginia.

E no, non la risolveremo con un "not all a man".

Non la risolveremo con un "il 25 novembre è tutti i giorni".

Non la risolveremo con un "basta generalizzare!"

La risolveremo mettendo a tacere l'ignoranza con il giusto sprezzo che ci viene ribaltato contro ogni giorno. La risolveremo mettendo un bavaglio al vostro maledetto egocentrismo che palesate quando una donna vi fa notare che spesso, tendete a peccare di vittimismo cercando di esimervi da colpe che credete di non avere. La risolveremo alzando la voce qualora ci diciate di stare zitte.

E la risolveremo combattendo ogni giorno affinché venga istituita una legge cruda e severa contro la misoginia, la stessa che vi fa perdere il senso della dignità (non sono solo i vestiti a fare la DIGNITÀ di una persona, è ora che qualcuno ve lo ricordi) che vi rende assassini o stupratori, che vi ha fatto crescere nell'abitudine dell'accondiscendenza, che vi fa sentire leggittimati a nutrire e coltivare odio nei confronti di chi non ha la piú pallida intenzione di dirvi "SÌ!".

Un "sì" che spesso, ci costa la vita.

Ilaria Di Roberto