S. Stefano di Camastra (ME), una tappa importante della storia ceramica: il Cimitero Vecchio.

La rifondazione stessa nel 1683 della ridente cittadina nebroidea ad opera di Don Giuseppe Lanza Barresi, Duca di Camastra, a seguito di una frana, ispira alla grande arte europea l’antica tradizione ceramica risalente ad epoca greco romana. Il Duca infatti prese a modello i parchi secenteschi delle regge di Versailles e di Madrid: un rombo in un quadrato, per giungere al connubio di bellezza ed efficienza urbanistica. Al Duca si deve anche l’impegno per la ricostruzione, attuata nell’arco di 23 anni. In riconoscenza, il vecchio borgo di Casal di Mistretta fu ribattezzato con l’attuale nome. Riporta sempre in Francia, quello che può essere considerato il salto di qualità – datato alla seconda metà del XIX secolo – dell’industria ceramica stefanese dovuto a Gaetano Armao. Secondo una leggenda Don Armao avrebbe chiamato dei ceramisti marsigliesi per apprenderne l’arte. La leggenda è legata al rinvenimento di un pannello di mattonelle marcate con la dicitura “Grande revue passé par Napoléon III Empereur des Françaises”. Il vero merito di Don Armao è stato quello di aver migliorato, grazie ai francesi, la produzione di mattonelle maiolicate, già in auge dal XVIII secolo grazie ai maestri ceramisti giunti al seguito di Antonino Strazzeri, Principe di Sant’Elia. I decori inizialmente semplici, in bianco e blu o con l’aggiunta di qualche altro colore, grazie ai francesi divengono più luminosi e cromaticamente più vivaci. Alla seconda metà del XIX° secolo risale anche l’utilizzo della mattonella maiolicata per un fine particolare: l’addobbo cimiteriale, segnatamente quello tombale. E’ di quest’epoca infatti la realizzazione, a circa un chilometro dalla cittadina, di quello che oggi è chiamato “Cimitero Vecchio”. Il registro dei defunti data al 1867 la prima sepoltura del Cimitero Vecchio, le ultime datano al 1880, tra queste quella del Canonico …. Alberti nell’immagine. Le mattonelle maiolicate del cimitero sono le cosìddette “Ambrogette”, con sfondo bianco, le più semplici dipinte a mano, le più evolute realizzate con stampine. Le tombe sono in tutto 89 e risultano depauperate da un pluridecennale abbandono che le ha esposte anche a saccheggi. Se si escludono alcuni sepolcri della vicina Pettineo o di Roma (dove si riscontra anche l’uso di pietra lavica) l’unico esempio analogo ovvero cimiteriale in quanto tale e nel complesso è quello francese di Limoges, a testimoniare comunque, di nuovo, l’influsso artistico transalpino. Il primo a sottolineare quest’analogia e denunciare la condizione di abbandono e degrado del Cimitero Vecchio, soprattutto al fine del recupero di una realtà di indubbio ed importante valore artistico e testimoniale è stato l’artista stefanese Concetto Tamburello negl’anni ’80. Una risposta delle istituzioni, ovviamente, ha richiesto molteplici altre denunce, specie sui media, e circa un ventennio per la predisposizione del restauro.
francesco latteri scholten.