San Paolo, Martin Luther King ed il Ku Klux Klan oggi (anche in Italia).

E’ un’immagine grandissima, sulle note celeberrime: “Mamma, portami via questo simbolo / io non posso usarlo ancora / sta diventando oscuro, troppo oscuro, da vedere / mi sento come se stessi bussando alle porte del paradiso… : Knockin’ on Heaven’s Door”. E lui era lì, a fianco dell’altro, che, preso il microfono, cominciò pronunciando parole ormai leggendarie: “I have a dream …” E così, dalla leggenda, sono entrati nella Storia, loro: Bob Dylan e Martin Luther King.E tutti, ancora alcuni decenni dopo, credevamo che così fosse, che fosse ormai appunto Storia, cioé che appartenesse al passato. Ma così non è, e sembra che le lancette degli orologi siano state retrodatate e che siamo ritornati – nel nostro presente – in un passato che ci si augurava non potesse più tornare. Ci si illudeva della definitività di certe conquiste civiche, ma che sembrano prerogativa solo di grandi Spiriti. L’ultimo schiaffo americano in piena faccia, a ridestarci dal comodo sogno è stata la vicenda di Torvan, l’adolescente di cui lo stesso Obama ha detto che se avesse avuto un figlio sarebbe stato come lui. Ucciso da un vigilante bianco per la semplice presunzione che fosse un ladro: il vigilante di una compagnia di sicurezza bianca di un quartiere bianco, giudicato da una giuria composta di soli bianchi, è stato assolto. E’ come se si fosse tornati ai tempi del nefando KKK, anzi, è peggio. Il KKK infatti era nato da coscienze estremiste che enfatizzavano il loro radicalismo razziale in pieno contrasto, anzi in antitesi, allo Spirito Americano, alla Costituzione degli Stati Uniti, al celeberrimo “Bill of Rights”. La stessa procedura del caso Torvan, la giuria ed infine il suo verdetto, sono invece espressione di una realtà più vasta e strisciante e ben peggiore perché radicata in coscienze che – a differenza di quelle del KKK – non si sentono neppure più estremiste, bensì doverosamente “normali”: sentono di avere fatto il loro dovere, ciò a cui sono stati comandati e che perciò l’assoluzione è legittima. Ed è agghiacciante perché è lo stesso sentire delle coscienze dei carnefici nazisti a Norimberga, i quali invece, condannati, avevano sentito la condanna come il torto più grave. Questo però è stato assolto … Realtà diffusa e strisciante che non riguarda solo gli USA o la Germania nazista o il Sud Africa dei tempi in cui lottava Mandela: riguarda l’Occidente, ma anche Paesi dell’ex blocco sovietico quali l’Ungheria e la stessa Russia, riguarda (sic!) la nostra povera Italia, come i reiterati attacchi al Ministro Kyengé da parte dei Leghisti – ieri Dolores Valandro, oggi Calderoli – dimostrano. E’ la recrudescenza di un fenomeno che ha al suo fondamento la incapacità di relazionarsi e confrontarsi con l’altro. “Non sei capace di porre nulla tranne, miseramente, la tua appartenenza razziale …” scriveva significativamente Hannah Arendt ne “Le origini del Totalitarismo”. Paolo di Tarso, ci dava già a suo tempo la testimonianza che l’evento più fondamentale per la pienezza della vita dell’Uomo fosse quello dell’uscita, dell’oltrepassamento di questo atteggiamento, e che l’incontro con Dio e con l’Altro sia possibile solo nell’uscita da questo atteggiamento (che sino ad allora aveva connotato anche la sua vita), da questa cecità: “Circonciso all’ottavo giorno, della stirpe d’Israele, della tribù di Beniamino, ebreo figlio di ebrei, fariseo… (etc.) Ma ho giudicato un peso tutti questi miei vantaggi (…) per cui ho preferito perderli tutti valutandoli per quello che sono: spazzatura.” (Lettera ai Filippesi). E’ l’esperienza che Paolo fece sulla Via di Damasco e che gli possibbilitò di aprirsi ad una Vita Vera, ad un rapporto autentico con Dio, con sé stesso e con gli altri e che gli consentì di aprire il cristianesimo al cattolicesimo, ovvero alla universalità.

francesco latteri scholten