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Premiare il merito ?

Apprendere che si continuino a perpetrare abusi nell’ambito delle assunzioni nella Pubblica Amministrazione, non è una novità, si sa, la raccomandazione e le scorciatoie sono state da sempre una costante in tutte le società.

Ma quando questo modo di operare vede come protagoniste quelle che dovrebbero essere le espressioni più alte del nostro sistema, come l’Università e la Magistratura, invischiate in un mercimonio che certamente non premia il merito, allora il pessimismo prende il sopravvento e l’ottimismo della volontà fa difficoltà a prevalere e uscire dal pantano di un sistema collaudato di scambio di favori.

Quello che è accaduto nell’Ateneo catanese in questi giorni, con la Magistratura che indaga su concorsi universitari “pilotati”, probabilmente non è un caso isolato, non credo che altre realtà siano immuni dal rischio di contaminazioni dello stesso tipo, ma per la realtà siciliana quanto sembra accaduto, (il dubbio resta fino a quando la giustizia non fa il suo corso, e nel nostro sistema giudiziario vige il principio della presunzione di innocenza sino alla condanna definitiva), assume una connotazione ancora più grave a causa del contesto socio economico della nostra Regione, dove il 26% dei giovani dell’Isola preferisce varcare lo stretto e studiare altrove.

I giovani preferiscono lasciare la famiglia, con grandi sacrifici economici da parte di questa, perchè considerano l’andare altrove l’alternativa al precariato e alla mortificazione delle liste di attesa del potente di turno e della scarsa possibilità che venga premiato il merito e la capacità, disincentivando così il loro impegno.

” I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi “… recita l’art. 34 della nostra Costituzione, ma il rischio che questo principio resti solo sulla carta, senza essere concretizzato nella realtà, è molto forte se non si esce dalla logica familistica e clientelare.

E triste constatare come continuino a perpetuarsi meccanismi orientati all’esclusione di coloro che non fanno parte di quel clan universitario, di quella casta, di quella cricca, di una loggia massonica, o non essere figli o parenti di…, e come questi meccanismi inducano nel convincimento della irrimediabilità di questo circolo vizioso i nostri giovani, spingendoli al disimpegno e alla fuga.

 “Contano i parenti piuttosto che i talenti” scriveva qualche giorno fa il costituzionalista messinese Michele Ainis. “E infatti la mobilità intergenerazionale – che misura la probabilità di schiodarsi dalla classe di reddito dei propri genitori – in Italia è 3 volte più bassa rispetto agli Stati Uniti. Di conseguenza il 60% degli italiani rimane intrappolato nel suo ceto d’origine (Ocse 2018)”. E continuava:

“Se ogni ateneo, promuove i cuccioli di casa, sbarrando la porta agli studiosi che bussano da fuori, se tutto questo accade – e accade – allora c’è un problema che riguarda non tanto la cultura, quanto piuttosto l’istruzione.(Ri)cominciamo da lì. “

Si può sperare che cessino questi abusi e che le procedure concorsuali si svolgano con la massima trasparenza senza scoraggiare dalla partecipazione i migliori, premiando così veramente il merito e non l’appartenenza ad una delle tante caste?

Giuseppe Scaffidi Fonti

 

IL NUOVO CONSOCIATIVISMO

Dopo la fine del cosiddetto consociativismo da prima Repubblica, quello per intenderci fatto dalla DC e dal PCI, che ha caratterizzato decenni di vita politica italiana, sembra profilarsi una nuova versione dello stesso, questa volta tra Movimento Cinque Stelle e P.D.

Sembra paradossale, ma le forze politiche che hanno vinto le ultime elezioni non riescono a mettersi d’accordo nell’esprimere un nome cui affidare l’incarico per la formazione di un nuovo governo.

Tra i due litiganti, nessuno dei quali è disposto a fare un passo indietro per cercare una soluzione positiva per dare un governo al Paese, ecco profilarsi la possibilità del conferimento dell’incarico ad una terza persona sulla quale convergerebbero gli interessi di due forze politiche fino ad ieri avverse ed antitetiche.

Tra il “ragazzino” antipatico ed intransigente e l’esponente di una forza politica  fautrice della macro-regione, di stampo secessionista, manifestamente razzista ed antieuropeista, che subisce l’influenza dell’invadente Silvio Berlusconi, che conta come un arbitro  di un incontro di boxe, i punti elencati  dallo speaker, per fare capire a tutti chi è stato il redattore di quest’ultimi, non disposto ancora ad essere secondo a nessuno, -affetto com’è da delirio di onnipotenza-; meglio scegliere una persona di più basso profilo con la quale cercare di instaurare un dialogo.

“Che degrado!”  direbbe qualcuno che conosco…

E’ il segno ulteriore della incapacità della destra di essere forza di governo, dopo il fallimento di quella particolarissima forma politica rappresentata dal berlusconismo, che voleva rappresentare una destra  da contrapporre alla sinistra statalista che incarnava tutti i mali del sistema Italia.

Ma qual’è il motivo di questa anomalia tutta italiana di non permettere una vera alternanza nel governo del Paese?

Giuseppe Scaffidi Fonti

 

 

 

Dittatura della maggioranza?

 

Ascoltando in questi giorni i commenti di quelli che dovrebbero essere i protagonisti della vita politica nazionale vengono i brividi…

Non vi è alcun rispetto per le istituzioni, nemmeno per il ruolo del Presidente della Repubblica, che nei prossimi giorni, dopo le “consultazioni” previste dalla Costituzione, dovrà affidare l’incarico per la formazione del nuovo Governo.

I leader dei partiti che hanno avuto più consenso reclamano la presidenza delle Camere, Salvini addirittura si sbilancia a dire, con il suo solito forbito linguaggio: “mica c’è tanto da pensare, i partiti che hanno vinto governano…!”. Più o meno questo il senso del suo discorso.

Sulla stessa falsariga le affermazioni del candidato Premier del movimento 5 stelle.

Oltre a ciò, ambedue reclamano l’affidamento dell’incarico per la formazione del Governo.

Non c’è tanto da meravigliarsi, se già in campagna elettorale qualcuno ha addirittura inviato al Quirinale la lista dei possibili Ministri.

Qualcuno dirà che era necessario cambiare. Sono d’accordo. Ma ciò non legittima nessuna deriva autoritaria nè tanto meno  la mancanza di rispetto per l’alto ruolo di garante della Costituzione assegnato alla Presidenza della Repubblica.

A mio avviso,  tale  mancanza di riguardo, tale  forte pressione mediatica nei suoi confronti, non ha precedenti nella nostra storia Repubblicana. Ritengo che la cosa sia molto grave.
Non si è minimamente pensato che forse, per la Presidenza della Camera dei Deputati e per il Senato della Repubblica, anche per il principio dei pesi e contrappesi, potrebbe essere meglio  una figura di alto profilo che sia garanzia per tutti: per il funzionamento delle assemblee e per il rispetto delle regole democratiche.

Sono le  cosiddette regole non scritte, la cosiddetta prassi istituzionale.

Ma a quanto pare, a sentire gli Statisti dell’ultima ora, non se ne dovrebbe tenere conto, essendo tutto ciò un retaggio della prima e della seconda Repubblica.

Che si profili per il futuro la cosiddetta dittatura della maggioranza?

La dittatura della maggioranza è un concetto politico che esprime, secondo il suo primo teorizzatore moderno Alexis de Tocqueville, il principale limite (o patologia)  della democrazia moderna. Il concetto è però molto simile a quello di oclocrazia teorizzato da Polibio, nel II secolo a.C., come patologia della democrazia.

E’ questo che teorizzano i vincitori?

Staremo a vedere…

Giuseppe Scaffidi Fonti

CARNEVALE ACQUEDOLCESE

 

 

La Cinquantesima edizione del carnevale Acquedolcese è stata turbata da un evento imprevisto. La scorsa notte quasi tutti i carri in preparazione hanno preso fuoco, mandando in fumo il lavoro di tante persone, giovani e meno giovani, che da numerose settimane ormai lavoravano alacremente per preparare i carri allegorici.

Al momento è  difficile stabilire quali siano state la cause del rogo per il quale sono in corso gli accertamenti da parte delle Autorità competenti. E’    un duro colpo all’immagine ed all’economia della nostra cittadina. Un brutto giorno anche per i Nebrodi e la Sicilia. Il “Carnevale acquedolcese” infatti è noto ed apprezzato in tutta l’isola ed anche al di fuori di essa.

Si spera tanto nello spirito di reazione all’increscioso episodio, che sicuramente ci sarà, così da potere svolgere nel miglior modo possibile le manifestazioni previste. Eventualmente anche con modalità diverse da come siamo stati abituati sino ad adesso.

Giuseppe Scaffidi Fonti

LA GROTTA DI SAN TEODORO, TESTIMONIANZA DA VALORIZZARE

“Dal ritorno di Thea al rilancio delle attività di valorizzazione dei tesori paleontologici e archeologici di Acquedolci”, questo il titolo dell’interessante convegno svoltosi sabato 27 gennaio presso l’aula consiliare del Comune di Acquedolci e presso la sala teatro dell’Istituto comprensivo “G. Verga”.

A fare il punto della situazione, la Prof.ssa Laura Bonfiglio, paleontologa, già docente presso l’Istituto di Scienze della Terra dell’Università di Messina, che ha condotto le ultime campagne di scavi presso la grotta. La stessa ha auspicato, durante la visita presso il sito, che si riprendano i lavori di ricerca, perchè tanto altro v’è ancora da scoprire, aggiungendo quanto sia importante che lo stesso sia maggiormente valorizzato ed inserito come merita nei circuiti turistici regionale-nazionale ed internazionale.

Si è auspicato anche che la grotta di San Teodoro, per la sua importanza scientifica e culturale, sia inserita nei siti Unesco, in quanto Patrimonio dell’Umanità.

Sono intervenuti pure la Prof.ssa Gabriella Tigano, il Prof. Valerio Agnesi, direttore del museo “Gemellaro” di Palermo, ed il Prof. Luca Sineo.

Prima della pausa pranzo v’è stata l’inaugurazione della nuova sede dell’antiquarium in piazza Giovanni Paolo II.

Si è precisato che la nuova sede rappresenta solo una tappa intermedia, in quanto è intenzione dell’Amministrazione di trasferire la stessa, dopo adeguata opera di restauro, presso il castello Cupane.

Nel corso dell’intensa giornata di lavori, in una gremita sala consiliare, è stata conferita la cittadinanza onoraria di Acquedolci ai Professori Guido e Francesco Basile, rispettivamente docenti e Rettore dell’Università di Catania, per il particolare legame degli stessi e del compianto padre, Prof. Attilio,  verso la Comunità di Acquedolci.

Giuseppe Scaffidi Fonti

 

 

La giara scomparsa

Sembra incredibile ma è proprio così. La giara di Giuseppe Prinzi, artista ceramista Stefanese, esposta all’Expò di Milano nel 2015 è scomparsa nel nulla, almeno così rispondono ufficialmente le Autorità interpellate  dall’autore, intese ad avere informazioni in merito alla sua opera.

E la rabbia dell’autore è tanta.

La Giara di Giuseppe Prinzi è stata esposta all’ Expò di Milano 2015.
Altezza cm 52; diametro cm 40
Refrattario con “Volti metafisici”

Ritirata dall’Assessore del Comune di Santo Stefano di Camastra.
Mai restituita all’autore, come pattuito.
Motivazione ufficiale: “Dispersa nel nulla”
Motivazione probabile, come dice l’autore: “Omaggiata a qualche personalità o a qualche politico?”

Giuseppe Scaffidi Fonti

 

VADO AL MASSIMO: ADRIANA LECOUVREUR

“Adriana Lecouvreur” di Francesco Cilea esordisce nel 1902. Siamo al Massimo nell’aprile del 1904, due anni dopo la prima al Teatro di Milano, alla presenza del compositore e sotto la direzione di Cleofonte Campanini, con interpreti Enrico Caruso nel ruolo di Maurizio e Angelica Pandolfini in quello di Adriana.

 

Il 22 ottobre 2017 siamo di nuovo nel capoluogo siciliano, dove Cilea nel triennio 1913-1916 era stato direttore del Conservatorio e di questo periodo aureo Palermo ha memoria, riservando grandi attenzioni ad Adriana Lecouvreur, facendola comparire costantemente nei cartelloni del Massimo teatro cittadino con presenze di punta che ne hanno segnato la storia: dalla prima Adriana, la mascagnana Gemma Bellincioni, a Giuseppina Cobelli nel 1936, a Pia Tassinari nel ’45, a Mafalda Favero nel ‘50, poco prima del suo ritiro dalle scene; da Magda Olivero nel ’59 ad Antonietta Stella nel ’66, amata dal pubblico siciliano, da Giovanna Casolla nel 1988, a Raina Kabaivanska nel ’96, fino alla compianta Daniela Dessì in occasione dell’ultima ripresa nel 2009.

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©Rosellina Garbo

Questa sfilza di artiste mastodontiche basta ad illustrare il clima di spasmodica attesa che ha preparato il debutto palermitano di Angela Gheorghiu, in un ruolo che ha di recente sigillato la sua fama in occasione della centocinquantesima rappresentazione dell’opera sul palcoscenico del Covent Garden. La Gheorghiu è “Splendida! Portentosa!… Diva!”; un tenue arpeggio in pianissimo dell’orchestra accompagna l’ingresso in scena di Adriana, negli abiti orientali di Rossane, che intona l’aria “Io son l’umile ancella del Genio creator..” (Andante con calma), la cui limpidissima melodia diviene il motivo ricorrente legato alla protagonista. Va subito detto che, pur attestandosi sugli altissimi livelli attesi, la magistrale performance della Gheorghiu è stata eguagliata dalle prestazioni di alcuni coprotagonisti; La Musa rumena sembra a tratti assente nel registro medio-basso, come se tardasse a carburare e le esplosioni sonore risultassero disinnescate, quasi che fosse in sordina e serbasse la potenza vocale per i momenti pateticamente nodali degli atti successivi e nel primo vestisse semplicemente i panni della sociétaire della Comédie-Francaise, alle prese con le prove del Bajazet di Racine, per cui verrebbe da chiedersi se la il contegno usato non sia studiato e eccessivamente manierato allo stesso tempo.

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©Rosellina Garbo

 

 

Nel secondo atto, quello della Grange-Batelière, nei pressi dell’Opera di Parigi, dove è ubicata la villa del Principe di Bouillon, l’artista è costretta ad uscire gli artigli e il fiato nello scontro con l’imperiosa Principessa di Bouillon di Marianne Cornetti; ritrova così slancio ed energia e appicca quel fuoco incandescente che deve animare il personaggio e che viene alimentato dai continui duetti tra le rivali. La forza scenica e canora della protagonista è massima negli ultimi due atti; lo scambio di battute sul bracciale della Principessa, perso durante la fuga dal villino e mostrato da Adriana su richiesta degli ospiti e della rivale, avvia la ricerca di un fraseggio volto a sottolineare il potere vendicativo della parola che campeggia poi nel monologo di Fedra, capolavoro assoluto perché più unica che rara è la possibilità di sentire così chiaro e dosato il crescendo dal declamato al canto fino al finale “Chiedo di ritirarmi..” che ha il sapore della vendetta e della catastrofe imminente. L’artista si rivela un’attrice straordinaria, cimentandosi in travolgenti esempi di “recitar cantando” spesso declamati, facendo capire come non sia automatica l’equivalenza attrice-cantante.

Prodigiosa nell’ultimo atto, quando giungono a maturazione l’eleganza, il colore timbrico arricchito da un vibrato preciso e stentoreo che rendono al meglio il travaglio della donna e dell’artista, unendo lo charme, la sensualità e la vulnerabilità che costituiscono la principale attrattiva del personaggio, non più “umile ancella” del poeta, ma tragedienne rapinosa che mozza il fiato con il lapidario explicit “Ecco la luce”. La protagonista è circondata da un cast con almeno due nomi d’eccezione: si è accennato a Marianne Cornetti, nel ruolo della Principessa di Bouillon furiosa di gelosia e di passione; tellurica forza della natura, dotata di un timbro imponente, dalle risonanze cavernose, capace di far tremare le fondamenta degli abissi (la sfera celeste la lasciamo all’angelica Adriana) nella sua avvolgente e veemente “vagabonda stella d’Oriente”. Non mi sorprende che la Gheorghiu abbia dovuto alzare i toni per reggere il confronto con la Principessa ; il rischio di finire travolti da quell’uragano di impetuosità sonora, potenza vocale e di emissione, che bene si attagliano alla ferinità del personaggio, è concreto, ma si è tradotto in una lotta tra giganti che non decreterà mai una vincitrice.

 

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©Rosellina Garbo

Grande plauso va al Michonnet di Nicola Alaimo, che porta in scena un’invidiabile maturità interpretativa in cui anche il physique du rôle sembra coincidere con le frustrazioni dell’umile direttore di scena, appagato e candido professionista, uomo profondamente frustrato e infelice. La presenza scenica regolata si fonde a una generosità vocale, a una sontuosa cifra che trova nel canto di conversazione l’ultimo traguardo vittoriosamente conquistato: per questo è amico e amante, fratello e padre, presenza autorevole e rassicurante, che meritatamente conquista un successo personale e graduale nel corso della recita.
Meno convincente il Maurizio di Martin Muehle, in cui già dalle prime note dell’andante “la dolcissima effigie” invano ci aspettiamo variazioni e sfumature, estranee a quell’impostazione di voce che fa leva esclusivamente sulla chiarezza del timbro a tratti troppo metallico, senza darsi pena della sua coloritura e intensità funzionali ad un’interpretazione che ho visto emergere solo quando il Conte di Sassonia tiene tra le braccia l’amata morente, troppo tardi quindi.

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©Rosellina Garbo

Non del tutto convincente la coppia composta dal Principe di Bouillon di Carlo Striuli, con qualche segno del tempo dovuto all’onerosa carriera, e dall’Abate di Chazeuil di Luca Casalin, non sempre brillante. Molto più brillante rispetto al duo precedente il quartetto dei comédiens, composto dalle funzionali voci maschili di Angelo Nardinocchi (Quinault) e di Francesco Pittari (Poisson) e da quelle femminili di Inés Ballesteros (M.lle Jouvenot) e Carlotta Vichi (M.lle Dangeville) adamantine e squillanti. Da menzionare, infine, un’assoluta novità nel corso del terzo atto: il balletto coreografico rimane, nelle mani di Giuseppe Bonanno, una citazione d’autore del divertissement francese settecentesco affidata all’eleganza di Fabio Correnti, Elisa Arnone e Francesca Davoli; mentre il coro quasi lo ammanta con leggerezza e trasparenza eteree, sensibile alle indicazioni dinamiche della direzione di Piero Monti.

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©Rosellina Garbo

Occorre dire del buon lavoro eseguito dall’orchestra sotto la direzione di Daniel Oren. La sua familiarità con il repertorio italiano non lo ha portato a cercare la teatralità struggente; assecondare il gioco letterario del teatro nel teatro, presente nell’ibrido libretto di Colautti, avrebbe comportato la moltiplicazione dei piani sonori, mentre sullo sfondo si percepisce l’assimilazione della lezione wagneriana dei motivi conduttori. Si tratta di un unico filo musicale, un Lied infinito potremmo dire, che dall’adagio iniziale si allunga e annoda sull’adagio in pianissimo delle battute finali e nelle due pagine di sola orchestrazione (metà del secondo atto e inizio del quarto), dove ha mano libera, il direttore si diletta ad enfatizzare gli empiti melodici senza mai sovrastare il canto, bensì tonificandolo e permettendo agli interpreti di crescere in potenza e intensità dove necessario. La bacchetta dell’israeliano è una penna rossa che evidenzia i punti clou in corrispondenza dei quali agli artisti è richiesta una particolare cadenza, un fraseggio che ricalchi il discorso del concertato con l’inclusione di elementi personalizzati che, a parte pochissimi casi isolati, non sono venuti sempre fuori alla perfezione, non nel modo predisposto dal direttore stesso immagino.

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©Rosellina Garbo

La regia di Ivan Stefanutti decide di prescindere dalla rievocazione settecentesca per lavorare sul periodo storico in cui l’opera vede la luce e riflettere sul fenomeno del divismo, che proprio in quel torno d’anni passa dalla scena teatrale a quella del cinema muto. Adriana Lecouvreur diventa così sorella maggiore di Eleonora Duse, protagonista di una sontuosa pellicola in bianco e nero in cui la strepitosa eleganza dei costumi valorizza gesti, posture, atteggiamenti di sicuro impatto sul pubblico. Angela Gheorghiu perfettamente entra nelle vesti della donna di spettacolo, non soltanto sfoggiando quattro mise con pennacchi, piume e strascico che ne esaltano la figura, ma soprattutto assumendone i tratti, attraverso l’identificazione alle dive di primo Novecento. In questo senso è suggestivo il finale con il delirio di Adriana che quasi confonde la sua morte reale con quella fin troppe volte rappresentata sulle scene; mentre una gigantografia di Lyda Borelli, maestosa sullo sfondo del boudoir dell’artista, si accende di tenui colori pastello. E diventa emblema della donna di successo amata da tutti e uccisa dall’amore.

Cristina Scaffidi Fonti
Palermo, 22 ottobre 2017

EMERGENZA IDRICA

Su iniziativa del Comune di Acquedolci, si è tenuto questo pomeriggio  nella sala consiliare comunale un importante incontro, cui erano invitati tutti i sindaci del comprensorio nebroideo, per discutere dell’emergenza idrica che accomuna ormai tutti i comuni.

Il Sindaco Riolo ha introdotto i lavori ed è entrato subito nel merito delle motivazioni che lo hanno portato a volere questo incontro.

La lodevole iniziativa parte da una constatazione, ormai generalmente condivisibile, secondo la quale ormai da soli non si va da nessuna parte; se si vuole ottenere risultati apprezzabili nell’erogazione di certi servizi bisogna superare la logica campanilistica e ragionare ed operare a livello comprensoriale. E proprio partendo da tale assunto Riolo afferma che “V’è l’esigenza di istituire un coordinamento dei sindaci, in modo tale da scambiarsi le informazioni utili per ottimizzare gli interventi… Non si può più ragionare in termini campanilistici, ma occorre fare rete per ottimizzare al massimo gli sforzi e le  scarse risorse disponibili…”

Il Sindaco di Caprileone, Borrello, stante l’emergenza, ha invocato la possibilità che si possano fare interventi in deroga per scavare nuovi pozzi senza che vi siano  vincoli burocratici che fanno perdere tempo.

Il Sindaco di Castell’Umberto, Lionetto, nel suo appassionato intervento ha auspicato la convocazione urgente del nuovo organismo ATO Idrico provinciale, che ha competenza per tutta la provincia di Messina, affinchè rediga dei progetti credibili; solo così si potrà attingere anche agli oltri 280 milioni di euro non spesi dei fondi europei, che altrimenti si perderebbero per carenze progettuali. ” Si faccia un Piano d’ambito emergenziale in deroga alla burocrazia imperante. Non aspettiamo, come al solito,  l’intervento del politico di turno, abbiamo ora uno strumento giuridico, costituito dall’ATO idrico che ha la possibilità di agire con tempestività ed efficacia.”

Il vice Sindaco Oriti  insiste invece sul riconoscimento dello stato di calamità naturale e sottolinea l’importanza della presenza massiccia dei Sindaci, lamentando la scarsa partecipazione in questa occasione  così come in quella recente riguardante il  depotenziamento dell’ospedale di Sant’Agata Militello.

Il Sindaco di Mistretta, Porracciolo, che è anche presidente del Consiglio di Amministrazione dell’Ato Idrico, recependo la sollecitazione del Sindaco di Castell’Umberto, preannuncia la convocazione di quest’ultimo per giorno 5 settembre prossimo.

Il Sindaco di San Salvatore di Fitalia, Rosario Ventimiglia, aspica la redazione di progetti credibili immediatamente finanziati.

A conclusione dell’incontro si decide di fare una formale richiesta a tutti gli Organi competenti, a firma di tutti i Sindaci costituiti in coordinamento, in cui si richiederà la dichiarazione dello stato di calamità naturale, così da poter essere legittimati ad attuare provvedimenti progettuali in deroga per l’escavazione di nuovi pozzi.

Giuseppe Scaffidi Fonti

Le occasioni perdute: I venditori di fumo

Durante il passaggio del Giro d’Italia nel Parco dei Nebrodi,  mi è capitato di ascoltare l’intervista televisiva fatta al Direttore del Parco, che  non ha potuto fare a meno di parlare di mafia, -(con corredo fotografico dell’auto su cui viaggiava, oggetto di un’azione delinquenziale)-, diffondendo ancora una volta, anche in questa occasione, che doveva essere all’insegna dello sport, della gioia, un’immagine lugubre o comunque non certamente bella del nostro territorio ai fini di una  promozione turistica.

Penso agli ascoltatori che hanno dovuto subire un’elencazione esclusiva di  negatività.

Per quale motivo coloro che hanno sentito quell’intervento dovrebbero venire nel Parco dei Nebrodi? Continua la lettura di Le occasioni perdute: I venditori di fumo

CAMPAGNA ELETTORALE NELL’ERA DI FACEBOOK

Dialogo tra candidati e sostenitori di una parte politica, nel gergo “social” si chiamano post:

  • “Ma che fine avete fatto? Andate su FB e tempestate di “Mi piace” il post del nostro candidato. Su sbrigatevi”…Meglio le sostenitrici di C…. cioè tutte noi…meno belle e meno bone, ma sicuramente VERE…”
  • “Di S.C. tutto si può dire tranne che sia un pupo!”
  • “Tranquilli, lo dimostreremo e, se necessario spenneremo il gallo…”
  • “Ri, goffo e panzuto. Ricordiamoci che, in alcuni casi, la postura comunica più delle parole, perchè colpisce l’inconscio delle persone…”
  • E si potrebbe continuare ancora…

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