Acquedolci: Il Sindaco che fu, che è, che dovrebbe essere…

Mi sono ritrovato per caso in questi giorni,  nel sistemare delle “carte”, la copia di una lettera aperta inviata al Sindaco di allora, che mi è apparsa subito di un’attualità inusitata, e per tale motivo  senza voler peccare di autocompiacimento, desidero riproporla, senza ulteriori “superflui” commenti, (“sine glossa“), che lascio alla riflessione di chi, senza preconcetti, vorrà fino in fondo prestare attenzione…

“Egr. Sig. Sindaco, a distanza di oltre un anno dall’insediamento della nuova amministrazione, sento l’esigenza, -sia come cittadino che ha contribuito al Vostro successo, sia come amico- di esprimerti alcune semplici considerazioni e riflessioni che ho maturato in questi mesi.

Di tutto ciò ti ho fatto cenno recentemente, e ribadisco il fatto che le cose che seguono, indicate schematicamente per economia espositiva e per non correre il rischio che appaiano un secondo programma elettorale (ex post), non vogliono avere il significato di una denuncia, bensì di una critica costruttiva, e con questo spirito gradirei tanto che fossero recepite.

Proprio per questo motivo darò un taglio schematico ed operativo, senza indulgere in considerazioni superflue, badando alle cose da fare in concreto, senza attardarmi nell’analisi di progetti di più ampio respiro, pur essi importanti e da realizzare. Ma, in questa fase, non si può pensare di realizzare cose “grandi”, se non si dimostra prima capacità di gestire l’ordinario.

Ed è appunto nella gestione dell’ordinario, in termini di efficienza ed efficacia, che si trova il punto di snodo per un’amministrazione che non tradisca il “patto fiduciario creatosi tra cittadini-elettori e Sindaco…per le iniziative, opere e servizi che confermino e traducano in realtà le sue promesse elettorali”. (dal programma elettorale, pag. 5). Rileggendo il programma elettorale, ripenso alla passione profusa, anche da parte mia, (ma non solo), nel redigere un documento che non fosse una semplice elencazione da libro dei sogni, ma piuttosto un impegno per concrete realizzazioni.

Cosa che purtroppo non è nemmeno iniziata. E mi chiedo cosa impedisca ciò: forse la mancanza di un pò di coraggio per passare dal livello teorico al livello propositivo-realizzativo?…

Considera queste indicazioni come una sorta di regolamento attuativo, come imput per cercare, se si vuole veramente, di passare dal livello ideativo a quello della realizzazione.

Fondamentale, per spiccare questo salto, è il riordino dell’apparato burocratico comunale, e sotto questo aspetto ritengo di poter dire preliminarmente, che in un piccolo Comune come il nostro, di poco superiore a 5.000 abitanti, l’esistenza di ben 6 aree funzionali, alle quali sono erogate altrettante indennità di funzione e di risultato, senza che questi risultati si vedano, perchè tra l’altro non sono stati dati gli obiettivi da raggiungere, mi sembra veramente eccessivo. Riterrei ragionevole che il loro numero fosse ridotto ad una, massimo due.

Un primo risultato positivo sarebbe la riduzione dei costi relativi al pagamento delle corrispondenti indennità  di funzione e… di  risultato (sic!) aggiuntive.

Si eviterebbe pure la parcellizzazione dei servizi e delle procedure  connesse, con il risultato di abbreviare notevolmente i tempi di attesa dei vari uffici per espletare i servizi da dare ai cittadini. (Mi risulta, a solo titolo d’esempio, di richieste fatte dall’ufficio ragioneria all’ufficio tecnico che giacciono senza riscontro da oltre due anni…).

Sotto quest’aspetto è da considerare che di recente, la Corte dei Conti, sez. II cent. App. n. 44 del 12/3/2003, si è pronunciata sanzionando la corresponsione a pioggia o in maniera generalizzata, d’incentivi economici finalizzati alla realizzazione di piani e programmi nei confronti di tutto il personale di un Comune; la stessa afferma il principio secondo cui “nelle amministrazioni pubbliche i premi di produttività e le altre forme di incentivazione economica legate al conseguimento di specifici risultati non possono essere corrisposti in forma generalizzata nei confronti di tutto il personale dipendente, ma devono essere erogati in relazione alla realizzazione di programmi o al conseguimento  di specifici obiettivi previsti dalla legge o dagli strumenti  di programmazione dell’ente, e nei confronti dei soli dipendenti che abbiano partecipato alla realizzazione dei programmi e degli obiettivi medesimi”.

E sotto quest’aspetto, un’importanza notevole dovrebbe avere l’istituzione ed il reale funzionamento del Nucleo di valutazione, il quale, operando in posizione d’autonomia rispetto all’apparato burocratico deve rispondere esclusivamente agli organi di direzione politica. Esso dovrebbe occuparsi prevalentemente di elaborare i parametri per valutare i responsabili e l’intera struttura organizzativa, rispondendone al vertice politico.

All’esigenza ormai sentita di passare dalla vecchia cultura burocratica, sensibile solo agli adempimenti, alla nuova cultura manageriale fondata invece sull’esigenza di produrre risultati facilmente apprezzabili, all’insegna dell’efficienza, dell’efficacia e dell’economicità, fa da cartina tornasole l’indennità di risultato, con lo scopo di contribuire alla migliore utilizzazione delle sempre più scarse risorse, con il fine di produrre al meglio servizi atti a realizzare la migliore soddisfazione dei bisogni dei cittadini. Accade, invece, che la vecchia cultura burocratica, (sensibile solo all’adempimento), ritardi questo processo ed imponga il vecchio rito di un adempimento formale alla norma, tale da non modificare alcunchè, come avviene quando, di fatto, si procede ad individuare indennità dello stesso ammontare ai diversi soggetti. Si tratta di comportamenti che, oltre a danneggiare gli Enti, non permettono ai politici la realizzazione dei loro programmi elettorali, non esaltando la professionalità dei tecnici, producendo risultati all’insegna della mancanza sia di efficienza che di efficacia.

A questo proposito e a dimostrazione che quello che dico non è campato in aria, ma è corroborato da seri studi sulla materia, ti allego fotocopie (pagg. 598, 610-612, 622-624) tratte dal testo “Gestione e contabilità dell’Ente locale” di Giuseppe Farneti, professore ordinario di programmazione e controllo nell’Alma Mater Studiorum dell’Università di Bologna, nonchè presidente della Commissione paritetica per gli enti locali istituita tra i consigli nazionali dei dottori commercialisti e dei ragionieri, e componente dell’Osservatorio sulla finanza e contabilità degli Enti locali. Da essi si ricavano quali cambiamenti devono attuarsi per sperare di raggiungere risultati apprezzabili e sempre migliorabili; l’importanza del ruolo del segretario comunale; la possibilità che ha l’Amministrazione comunale di attribuire a quest’ultimo le funzioni di direttore generale, trasformando la sua posizione da semplice organo di assistenza giuridico-amministrativa ad organo apicale della gestione (vedi pagg. 611-612), ad elemento di mediazione tra politica ed amministrazione, a coordinatore delle diverse unità organizzative in cui l’ente si articola. Le funzioni che la normativa attribuisce in modo esplicito al direttore generale riguardano la predisposizione del piano dettagliato degli obiettivi, nonchè la proposta del piano esecutivo di gestione: ai responsabili delle posizioni apicali devono essere assegnati degli obiettivi di gestione, ed essi devono poi essere valutati sui risultati conseguiti sulla base di un puntuale programma predisposto di concerto con l’organo politico. (Il metodo della programmazione deve stare alla base della gestione, non si può vivere alla giornata).

Mi sono dilungato un poco su questo punto, in quanto lo considero fondamentale e pregiudiziale a tutto il resto, che molto schematicamente evidenzierò in seguito, precisando che l’elencazione non vuole e non può essere esaustiva di tutti i problemi (grandi e piccoli) che possono affliggere una Comunità.

Alcuni di questi sembrano piccola cosa, ma non lo sono, secondo me, se inquadrate in una visione strumentale d’insieme; di alcuni farò solo cenno, senza ulteriore specificazione, per altri ancora darò un semplice imput, fidando nel senso pratico, restando a disposizione per chiarimenti e/o approfondimenti che riterrai opportuni. “

Seguivano tutta una serie di suggerimenti in merito a: Ufficio tributi, I.C.I. (ora IMU), Passi carrai, Tosap, Pubblicità e pubbliche affissioni, Acquedotto, Tarsu, Piano Regolatore, Riduzione dei tempi lavorativi per disbrigo pratiche, Riordino burocratico, Ufficio stampa, Ufficio relazioni con il pubblico, Sportello Unico per le imprese, Sito Internet del Comune, Lavoratori LSU, Piano urbano del traffico, Piste ciclabili, Inquinamento acustico ed elettromagnetico, Isole pedonali, Abusivismo edilizio, Concorso di idee per valorizzazione siti, Collegialità dell’azione amministrativa.

Su quest’ultimo punto insistevo imputando la colpa di una persistente stagnazione dell’azione amministrativa ad un’eccessiva “politicizzazione” o, per meglio dire “partiticizzazione” nell’assegnazione delle cariche assessoriali, disattendendo le indicazioni del programma elettorale relativamente alle norme di comportamento personale. Non si è tenuto conto cioè del “possesso dei requisiti di competenza e capacità tecnico-amministrativa atti a garantire la buona gestione dell’impegno loro affidato.

Concludevo il mio intervento, auspicando una condivisione, con queste parole:

Le mie, come dicevo, vogliono solo essere alcune indicazioni, alcuni spunti di riflessione, degli appunti per la realizzazione di un programma elettorale, sulle quali certamente si può discutere, ma dalle quali non si può prescindere. Molte delle cose indicate le ritengo urgenti, tanto che, se non si faranno subito, sicuramente non si potranno più fare in questa legislatura, prevalendo in seguito problemi di consenso elettorale; altre cose sono meno impellenti, ma non possono per ciò essere abbandonate. 

Occorre quindi un’azione complessiva di gestione che non tralasci nulla, ma che senza la “coraggiosa” realizzazione delle questioni pregiudiziali che ho indicato, non potrà mai essere realizzata.

Tanto mi sentivo di esprimere, a distanza di oltre un anno dal Vostro insediamento, non con animo polemico, ma con lo spirito sinceramente costruttivo di chi ha veramente a cuore le sorti di questa compagine e della nostra cittadina, che sicuramente meriterebbe qualcosa di più dai propri amministratori. Nella speranza che un sussulto di orgoglio faccia sì che si possa veramente procedere sulla strada di un cambiamento vero e che siano realizzate le promesse fatte agli elettori. Un caro saluto. Acquedolci, 21/07/2003. “

Ebbene di tale comunicazione non ho avuto alcun riscontro né da parte del Sindaco, né da parte dei consiglieri cui la stessa è stata poi inviata, visto il mancato riscontro da parte del primo, in spirito di servizio…

Mi chiedo: Meritava essa, non fosse altro che per l’impegno e la passione civile profusa, di essere ignorata?

Ogni commento, come dicevo all’inizio, lo lascio a chi ha avuto la bontà di leggere questa mia esternazione.

Passando al Sindaco che è, la prima cosa che mi viene in mente, e mi dispiace constatarlo, è la “divisione sociale” che il suo modo singolare di intendere il ruolo di primo cittadino, ha prodotto nella nostra Comunità.

La sua è stata una campagna elettorale permanente, che ha continuato anche dopo le elezioni, durante il suoi due mandati: O con me o contro di me !

Non si può certo dire che sia stato e sia il Sindaco di tutti.

A parte questo pesante dualismo comportamentale, che nuoce gravemente alla Comunità, egli nulla ha realizzato in merito alle questioni strategiche che potevano dare sviluppo all’asfittica economia locale: Piano regolatore bloccato da un rivisitazione in peius da parte della Regione, cui il Comune non è stato in grado di contrapporre una modifica migliorativa, malgrado le promesse elettorali, che sbloccasse il sostanziale fermo edilizio del nostro paese, (mentre negli altri paesi si vede vivacità nell’edilizia residenziale pubblica e privata, nel nostro paese essa langue); assenza totale della capacità di intercettare i finanziamenti Regionali e Comunitari di cui tanto si vantava durante le campagne elettorali, al contrario di quello che hanno fatto Comuni virtuosi vicino a noi.

Allargando il discorso alla compagine che lo ha sostenuto, basta assistere ai consigli comunali per accorgersi  che i rappresentanti eletti, per dirla con un eufemismo, non sono una grande esempio di partecipazione… (yes -men).

Per non parlare poi della totale assenza di democrazia e degli abusi perpetrati in seno ai consigli comunali da parte di un Presidente del Consiglio tutt’altro che figura super partes  e  componenti totalmente asserviti alla volontà del Sindaco.

Alla luce di ciò mi sento di dire che il Sindaco che verrà dovrebbe:

  1. attuare un’azione amministrativa improntata alla collegialità e al coinvolgimento nelle scelte;
  2. Saper “ascoltare”;
  3. Avere una grande capacità di gestire l’ordinario, (essere straordinario nell’ordinario): buche nelle strade, sistemazione marciapiedi, pulizia dei tombini, igiene pubblica, controllo del territorio, rispetto delle regole  del buon vivere civile, tolleranza zero sugli atti di vandalismo, decoro urbano, economie gestionali evitando gli sprechi, accelerazione dei tempi di attesa per il disbrigo delle pratiche comunali, semplificazione, reale trasparenza, servizi sociali funzionanti e rispondenti alle reali esigenze e alle emergenze, reale separazione (senza interferenze) tra l’ambito politico e quello gestionale, etc. etc.
  4. Non fare promesse che sa di non poter mantenere;
  5. Adottare il principio della sobrietà nelle spese, adottando una scala di priorità dettata dal buon senso del bonus pater familias;
  6. Privilegiare gli investimenti di spesa che diano un ritorno economico a beneficio dell’intera Comunità, (che tradotto significa: non fare spese pazze senza vantaggi  per l’economia locale almeno nel medio- lungo termine);
  7. Non fare politica con gli slogan o il movimentismo ma con lo studio, l’impegno e l’approfondimento;
  8. Pensare esclusivamente al bene comune;
  9. Avere la capacità e la costanza di portare avanti le buone idee senza la tentazione sempre latente di saltare sul carro del vincitore o del presunto sponsor politico di turno;
  10. Considerare uguali tutti i cittadini.

Giuseppe Scaffidi Fonti