Liberare Fabrizio Corona?

Per la sua bella ex, Belén Rodriguez, senz’altro sì. I legali di Corona, Ivano Chiesa e Gianluca Maris, si sono invece affrettati a chiarire che la pena originaria di 13 anni e due mesi (e non 15 come diffuso da alcuni media), è stata ridotta a 9 anni dal tribunale di Milano. I due legali si distanziano anche dal giudizio di “pericolosità sociale” della Corte rilevando che si riferisce a reltà passate e del tutto superate. Per Belén avrebbero dovuto dargli una salatissima multa e basta ed in proposito la show girl sottolinea che metodi e procedure “lavorative” del suo ex siano sì discutibili ed ambigui ma al tempo stesso usuali nell’ambiente, citando in proposito un episodio con cui un altro fotografo coinvolse sua sorella e lei. Eppure per chi ricorda le vicende dell’epoca, a prescindere dai patiti del gossip per i quali tutto sfocia in belle pagine patinate sulle quali appare solo un Fonzie più biricchino e discolo e tutto il resto sfoca sullo sfondo, la sentenza dei giudici non è poi del tutto priva di fondamento. La pena infatti è cumulativa e riferentesi dunque ad episodi molteplici che vanno ben al di là delle gesta dello “spirto” di Happy Days, arrivando, come specifica la Cassazione, a “estorsioni, ricettazione e spendita di carta moneta falsificata, reati fallimentari, evasioni fiscali, recenti denunce per truffa”, reati alquanto cospicui. Fabrizio Corona, per parte sua, ammettendo la propria colpevolezza, nella prima intervista dal carcere di Opera ha dichiarato che il carcere gli è stato di giovamento in quanto lo ha sottratto da un vortice in cui era caduto e di cui era ormai succube: “Il carcere mi ha salvalo la vita. Mi ha fatto tornare con i piedi per terra. È riuscito a fermare un treno in corsa perenne da anni che ultimamente aveva perso sogni, equilibri e alzato troppo l’asticella del limite. Mi ha fatto scoprire il senso della realtà, insegnato a star bene con me stesso e messo nelle condizioni di proseguire nel migliore dei modi lungo la strada della vita quando tornerò libero.” In attesa dell’evento il nostro si dà da fare: lavora come portavitto, ha aperto un portale innovativo per i detenuti e raccolto 70.000 Euro per loro; è riuscito a tenere in piedi anche dal carcere la sua azienda e non farla fallire, ad allenarsi fisicamente per almeno un’ora al giorno. “Ho sempre tenuto vivo il cervello e ho ripulito l’anima”, dichiara, ma gli manca tantissimo suo figlio e la libertà:”Qui, in parte, è come essere morti”… Un novello Jean Valljean? Se così fosse avrebbe dalla sua il giudizio di Victor Hugo (ed anche il mio…). Glielo auguro.
francesco latterischolten.